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TIME 9 aprile 2012 - di Bryan Walsh

(traduzione S.Muratori)  nota: questo articolo delinea in modo molto efficace quello che si sta preparando per il nostro futuro.

Per questo l'ho tradotto in Italiano pensando di fare cosa utile anche per gli amici che si battono perchè sul nostro territorio

si facciano scelte consapevoli ed informate. Mi scuso per le traduzioni arbitrarie di alcuni termini tecnici.

 

 

PETROLIO DI FRONTIERA

Innovazioni e prezzi elevati hanno aperto nuove strade per l’estrazione di petrolio

 

 

PETROLIO INTRAPPOLATO

 

BACKGROUND

Petrolio crudo e leggero è intrappolato in formazioni di roccia di scisto relativamente permeabile. I pozzi vengono perforati verticalmente e poi orizzontalmente attraverso

gli strati di roccia. Con la fratturazione idraulica la roccia sotterranea viene fratturata, ed il petrolio fluisce verso al pozzo.

 

IMPATTO AMBIENTALE

Il petrolio intrappolato richiede la tecnica di fratturazione, che implica l’iniezione nelle profondità del sottosuolo di milioni di

galloni [1 gallone4 litri] d’acqua mista a prodotti chimici. C’è quindi il rischio di contaminare le falde sotterrane, anche se ancora non ci sono stati casi provati. Inoltre la bruciatura di gas metano che si sprigiona assieme al petrolio intrappolato nel pozzo causa un ulteriore inquinamento dell’aria.

RISERVE GLOBALI STIMATE

300 miliardi di barili

 

COSTO DI PRODUZIONE STIMATO

$50 al barile

 

 

 

ESTRAZIONI NEL MARE ARTICO

 

BACKGROUND                

Con lo scioglimento del ghiaccio nel Mare Artico, vaste aree di acqua che un tempo erano bloccate si stanno aprendo per la perforazione di pozzi “off shore” e per il trasporto del petrolio. Lo potremmo chiamare un inaspettato dividendo del cambiamento

 climatico.

 

IMPATTO AMBIENTALE

Anche se i ghiacci artici si stanno sciogliendo le acque rimangono incredibilmente infide, con iceberg e tempeste che minacciano le navi da perforazione e le petroliere.

Ogni fuoriuscita di petrolio nelle acque gelide dell’artico sarebbe poi molto più difficile da pulire rispetto alle acque temperate del golfo. Inoltre la lontananza dell’artico implica che sarebbe molto più difficile organizzare una risposta di massa per limitare gli effetti dell’inquinamento. 

RISERVE STIMATE

90 miliardi di barili

 

COSTO DI PRODUZIONE STIMATO

Probabilmente superiore ai $100

 

 

 

PRE-SALINO ACQUE PROFONDE

 

BACKGROUND                

Giacimenti di petrolio trovati sotto a spessi strati di sale depositati sotto al fondo dell’oceano più di 150 milioni di anni fa. Richiede perforazioni “offshore” attraverso 3000 m d’acqua, più uno strato di roccia, ed

 altri 1500 m di sale.
 

IMPATTO AMBIENTALE

La perforazione dei giacimenti pre-sale rappresentano una delle imprese tecnologiche più estreme. I pozzi sono più profondi rispetto al Golfo del Messico che nel 2010 portò al versamento in mare di una enorme quantità di petrolio da parte della BP. Un blowout simile a quello del pozzo BP in uno di questi pozzi sarebbe incredibilmente difficile

 da controllare.

 

RISERVE STIMATE

da 50 miliardi a 100 miliardi di barili

 

COSTO DI PRODUZIONE STIMATO

$45 a $65 al barile

 

 

 

 

 

 

PETROLIO DA SCISTO

 

BACKGROUND                

Rocce di scisto sotterranee che contengono un materiale solido bituminoso chiamato “Cherogene”. La roccia deve essere minata e successivamente

riscaldata ad alta temperatura per separare il petrolio dal scisto.

 

IMPATTO AMBIENTALE

Il costo di fratturazione ed estrazione del petrolio da scisto è ancora troppo elevato per essere conveniente. Questo processo richiede una quantità significativa di terreno e di acqua. Poi produce residui tossici. Il petrolio da scisto ha poi anche una

maggiore emissione di gas serra rispetto a quello convenzionale.

 

RISERVE STIMATE

800 miliardi di barili, anche se si tratta di stime incerte

 

COSTO DI PRODUZIONE STIMATO

Oltre $100 al barile

 

 

 

 

SABBIE BITUMINOSE

 

BACKGROUND                  

Sabbia libera e arenaria saturata con una forma densa e viscosa di petrolio chiamato bitume. Le sabbie bituminose sono sfruttate sia attraverso miniere a cielo aperto sia attraverso pozzi che trattano il bitume nel sottosuolo.

 

IMPATTO AMBIENTALE

Le miniere a cielo aperto lasciano grandi quantità di residui tossici che possono inquinare le acque circostanti. La benzina prodotta dalle Sabbie Bituminose emette dal 10% al 15% in più di gas con effetto serra (per barile) rispetto a quella prodotta con metodo convenzionale, a causa della maggiore energia necessaria per raffinarla.

 

RISERVE STIMATE

169 miliardi di barili

 

COSTO DI PRODUZIONE STIMATO

$60 to $75 per barile

 

 

 

 

Il Futuro del Petrolio

 

Il petrolio estremo -dal profondo Atlantico fino all'Artico, dal Fracking negli USA alle sabbie bituminose in Canada - sta rimpiazzando incerte forniture. Ma si porta dietro un pesante costo economico ed ambientale.

 

 

 

 

 

Versamento nel Golfo

del Messico della

piattaforma DEEPWATER

HORIZON

 

 

Accampamenti

provvisori attorno

ai pozzi di Petrolio

Intrappolato del

Nord Dakota

 

 

 

Perforazioni

nell'Artico

 

 

Estrazione dall

Sabbie Bituminose

del Canada

Le acque dell’Oceano Atlantico 290 km a est di Rio de Janeiro sono di un blu cobalto che sembra senza fondo. Ma è solo un’apparenza. Circa 2000 m sotto alla superfice agitata si posa un silenzioso fondo marino, e sotto di esso ci sono circa 1500 m di roccia salina, depositatasi quando il Continente sudamericano e l’Africa si separarono, 160 milioni di anni fa.

Sotto tutto questo c’è il petrolio. Dalla stima il giacimento pre-salino al largo della costa centrale del Brasile contiene 100 miliardi di barili di crudo: un’altro Kuwait. E’ il motivo per il quale l’ex Presidente brasiliano Lula da Silva ha definito il ritrovamento del giacimento pre-salino un “dono di Dio”, ed è anche il motivo per cui l’enorme “Cidade de Angra dos Reis”, piattaforma galleggiante operata dalla Petrobas, grande società statale brasiliana, è ancorata nell’Atlantico e pompa 68.000 barili al giorno di crudo da uno dei più profondi pozzi al mondo.

La piattaforma è così grande che ci si potrebbe giocare il Super Bowl [finale di football americano], se non fosse per l’intreccio di tubi interlacciati e valvole che fanno circolare petrolio, metano e vapori attraverso la nave.

Passeggiando sul ponte, in un giubbotto salvagente arancione, un tecnico della Petrobas di nome Humberto Americano Romanus mi fa mettere la mano su di un tubo. Lo sento pulsare come un’arteria, il petrolio ancora caldo dal profondo calore della terra. “sono 50 barili al minuto che passano di qui”, mi dice sopra al fragore della piattaforma. “E’ un sacco di petrolio”.

Ma non è tutto. La richiesta di petrolio è ancora in aumento, predisposta a crescere 800.000 barili al giorno quest’anno, a dispetto della stagnazione dell’economia globale. Intanto, la produzione da aree come la Russia, l’Iran ed i Kuwait sembra avere raggiunto il suo massimo.

Le piattaforme che si sono assembrate lungo la costa del Brasile stanno perforando più in profondità che mai, attraverso strati di rocce saline, in operazioni che possono essere definite fra le più rischiose che l’industria abbia mai visto prima.

“Questo giacimento è impegnativo, perchè molto eterogeneo” dice Roberto Fagundes Netto, Direttore Generale della Ricerca e dello Sviluppo della Petrobas. “Ma noi sappiamo che un incidente è inaccettabile. Lo scoppio di un pozzo, come quello che ha causato il versamento della BP nel 2010, sarebbe ancora più difficile da contenere in queste acque presaline più profonde”.

Questo è il nuovo mondo del petrolio estremo. La Petrobas si può permettere di spingersi oltre ai limiti precedenti nella perforazione offshore perchè il prezzo del Brent crudo, che è il riferimento usato nel mercato del petrolio, è più di 120 $ al barile, e l’anno scorso la media è stata di 111 $ al barile: la media più alta da quando il pozzo di Drake, a Titusville, Pennsylvania, iniziò ad eruttare ricchezza nel 1859, dando l’avvio all’era del petrolio.

Da allora in poi, nonostante il tentativo di I.D. Rockefeller di monopolizzarlo, il petrolio ha subito un costante declino, interrotto solo da picchi periodici. Il prezzo di tutte le materie prime è stato fluttuante, ma la unicità del petrolio fa si che i picchi si facciano sentire più dolorosamente.

L’anno scorso il petrolio è aumentato in parte a causa della geopolitica, specialmente la minaccia dell’Iran di bloccare il Golfo di Hormuz tagliando le forniture. Quell’incertezza ha contribuito all’aumento dovuto al rischio di forse 20 $ o più al barile.

Una promessa dall’Arabia Saudita a fine marzo di portare nel mercato una riserva aggiuntiva di petrolio ha avuto poco effetto per calmare i prezzi. Negli USA i consumatori si trovano di fronte ad un paradosso estremo. Hanno bisogno di più petrolio, per raggiungere l’indipendenza energetica, e lo stanno estraendo in posti come la Bakken Shale Formation in Nord Dakota, anche se ne usano meno di quello che producono. Una combinazione di recessione, conservazione, e miglioramento dell’efficienza ha aiutato gli USA a ridurre significativamente la domanda.

Ma al tempo stesso la crescita di domanda da parte della Cina, dell’India e delle altre nazioni in via di sviluppo l’ha rimpiazzata. Risultato:

abbondanza di petrolio, ma molto costoso, che si traduce in un elevato prezzo della benzina. L’anno scorso il prezzo medio di un gallone (3,8 l) di benzina senza piombo era 3,51 $, il più alto di sempre, salito da 2,90 $ dell’anno precedente. Il 26 Marzo la media di quest’anno era 3, 90 $. Questo prende un pezzo del budget famigliare e minaccia la già incerta ripresa economica.

In un’anno elettorale il prezzo della benzina può innescare un incontrollabile dibattito politico. Quella è una ragione per cui il Presidente Obama si è presentato a Cushing, Oklahoma il maggior terminal per la produzione di petrolio negli USA, Ovest e Canada, per promuovere una nuova condotta che trasporterà il crudo da Cushing fino alle raffinerie della Costa del Golfo del Messico. “stiamo perforando dappertutto” ha detto, difendendo la sua politica energetica. Obama non vuole dormirci sopra. Non molto tempo fa la maggiore preoccupazione era che le riserve fossili stavano svanendo velocemente. Ora le nuove sorgenti non convenzionali stanno riempiendo quei vuoti.

I giacimenti ultra-profondi trovati al largo del Brasile offrono la promessa di miliardi di barili. Le innovazioni tecnologiche hanno reso possibile l’estrazione di quello che è conosciuto come il “petrolio intrappolato” nelle rocce di scisto del Nord Dakota e del Texas, rovesciando quello che sembrava un declino terminale per la produzione di petrolio degli Stati Uniti.

 

L’estesa area di Sabbie Bituminose dell’Alberta ha dato al Canada il secondo giacimento di petrolio del mondo dopo l’Arabia Saudita, ed offre agli USA un fornitore più amichevole.

Mentre il riscaldamento globale scioglie i ghiacci del Mare Artico, un inatteso dividendo è l’accesso a miliardi di barili di petrolio nelle acque del lontano Nord.

“Abbiamo visto un rovesciamento di paradigma nel decennio scorso” dice Daniel Yergin, Presidente del gruppo di ricerca IHS CERA. “guardi al Petrolio Intrappolato, alle Sabbie Bituminose, e alle Deep Water” e vedi il risultato”. Quei risultati potrebbero essere il problema.

 

Anche se le sorgenti non convenzionali promettono di mantenere il flusso delle forniture, questo non fluirà così facilmente come fece per la maggior parte del 20° secolo.

Le nuove forniture sono per la maggior parte più costose, di quelle provenienti dal Medio Oriente, ed a volte in modo significativo. Sono spesso più sporche e con maggiori rischi di incidenti.

Il declino dei principali giacimenti convenzionali e la crescita della domanda significa che la produzione di scorta, che un tempo faceva da cuscinetto per i prezzi, potrebbe non essere più disponibile, accompagnandoci in un’era di oscillazioni di mercati volatili.

 

E bruciando tutto questo petrolio rimasto potrebbe chiudere il mondo in un pericoloso cambiamento di clima.

“Sono meno preoccupato della scomparsa dei combustibili fossili che della conseguenza ambientale di perseguire quello che è rimasto” dice Michael Klare, un esperto di energia ed autore di “The Race for Whats Left”.

Ci sarà petrolio, ma sarà costoso, sporco e pericoloso.

 
 

Il Boom di Bakken

Se vuoi trovare petrolio negli Stati Uniti, oppure vuoi trovare un lavoro, vai nel Nord Dakota. Infatti, lo Stato soprannominato “The Peace Garden State”, sta vivendo una straordinaria esplosione di estrazioni petrolifere nel bel mezzo di prezzi sempre più elevati della benzina, con una produzione crescente da 98.000 barili al giorno nel 2005 a più di 510.000 barili al giorno alla fine del 2011. Più dell’intera produzione nazionale di un membro dell’OPEC come l’Equador.

Grazie al petrolio da scisto nella formazione rocciosa di Bakken la forza lavoro nel settore è salita da 5000 unità nel 2005 a più di 30.000. La disoccupazione del Nord Dakota è la più bassa dell’Unione con il 3,2 % e così tanti stagionali hanno invaso lo Stato che i lavoratori sono sistemati in accampamenti provvisori come al tempo dei minatori del Selvaggio West.

E il Nord Dakota non è il solo Stato a beneficiare di questo boom. Anche il Texas sta pompando petrolio ad un ritmo che non si vedeva dai giornio di Dallas. “Puoi andare direttamente là e ottenere un lavoro ben pagato”, dice Scott Tinker, il geologo dello Stato del Texas. “La domanda c’è”.

 

Così c’è anche la fornitura, grazie alle innovazioni in fratturazione idraulica e perforazione orizzontale che hanno aperto i giacimenti di petrolio che prima erano considerati inaccessibili. Usando un processo simile a quello impiegato nell’estrazione del gas da scisto, che si è diffuso su tutto il territorio degli USA con gas naturale economico, l’attrezzatura perfora prima in verticale, e quindi orizzontalmente all’interno degli strati di scisto prima della fratturazione della roccia per il rilascio del petrolio intrappolato. “Lo stesso enorme investimento che abbiamo visto con il gas da scisto sta ora avvenendo con il petrolio intrappolato” dice Seth Kleinman, un analista della Citigroup che recentemente ha scritto una relazione sulla ricerca relativa al potenziale del petrolio intrappolato. “E si svilupperà su grande scala come per il gas”.

Il petrolio intrappolato ha aiutato a rivitalizzare l’industria di perforazione americana; ci sono ora più pozzi negli USA di tutti quelli che ci sono nel resto del mondo, e questa nuova tecnica potrà contribuire in modo significativo alla fornitura globale, se come prevede la International Energy Agency (IEA) la produzione di Petrolio Intrappolato degli USA è proiettata verso i 2,4 milioni di barili al giorno nel 2020.

Grazie anche alla maggiore efficienza l’anno scorso gli USA hanno importato solo il 45% dei combustibili liquidi che utilizza, in ribasso rispetto al picco del 60% del 2005, e fra quelli importati solo 1,8 milioni di barili al giorno sono venuti dal Golfo Persico. Se la produzione domestica continuerà a salire, gli USA potranno avvicinarsi all’obiettivo che per molto tempo è sembrato una fantasia politica: indipendenza energetica.

Ma ancora di quanto, gli USA saranno in grado di aumentare la produzione, è una valutazione discutibile. Se le riserve di Petrolio Intrappolato sono abbondanti, i pozzi tendono ad asciugarsi in fretta, il che significa che è necessario un sacco di perforazioni per mantenere il flusso di estrazione. Anche se gli USA non potranno raggiungere l’indipendenza energetica, le sabbie Bituminose del Canada, che è già il maggior fornitore di petrolio degli Sati Uniti, potrebbe ridurre ulteriormente l’importazione dal Medio Oriente. L’alto prezzo del petrolio ha dato un forte spinta agli investimenti nelle Sabbie Bituminose, e la Energy Information Administration (EIA), il braccio analitico del Dipartimento di Sato per l’Energia, prevede che la produzione di petrolio da sabbie bituminose crescerà da 1,7 miliardi di barili al giorno del 2009 a 4,8 milioni di barili al giorno nel 2035. Più del corrente output dell’Iran.  

Anche il Brasile, con le sue risorse nelle acque profonde, si prospetta come un più amichevole e più affidabile fornitore, cosa che è diventata sempre più importante nella scia di distruzioni correlate alla Primavera Araba che ha messo in crisi fornitori come la Libia. “Stiamo vedendo grandi e più veloci cambiamenti nella realtà geopolitica del petrolio” dice Fatih Birol, Economista Capo della IEA – il più notevole è che le Americhe, dopo anni passati come acquirenti importatori, stanno per diventare di nuovo fornitori esportatori.

 

Questo significa che la benzina ritornerà a 2$ al gallone? No. E’ vero che la riduzione di importazione di petrolio è una buona cosa per l’economia USA. L’anno scorso gli americani hanno speso 331,6 miliardi di dollari nell’importazione di petrolio, il 32% in più rispetto al 2010. Una cifra corrispondente all’intera industria agricola.

Tagliare le importazioni mantiene i soldi negli Sati Uniti, riducendo un disavanzo con l’estero che ha raggiunto i 560 miliardi di dollari nel 2011. E’ naturalmente un bene anche per le società internazionali come Shell e Chevron, che sono sempre più spinte fuori da società statali. La crescita della Exxon è agli sgoccioli; secondo un rapporto della “World Economic Forum” l’anno scorso l’industria del gas e petrolio ha creato il 9% di tutti i posti di lavoro, anche se le società petrolifere hanno incassato profitti multimilionari.

Ma al contrario di ciò che dicono i sostenitori del “perfora adesso”, “perfora qui”, le società petrolifere potrebbero fare buchi in ogni Stato e quasi non scalfire per niente il prezzo della benzina. Anche un’America più indipendente sotto il profilo energetico non può controllare i prezzi, non finchè sono presenti Stati assetati come la Cina che competono sul mercato globalizzato. “La sicurezza energetica va benissimo, ma non ha poi tanto significato nel mercato globalizzato” dice Gui Caruso, un ex dirigente della EIA. “Più produzione aggiunge fungibilità al mercato globale, ma siamo ancora vulnerabili alle scorte degli altri paesi”. Il petrolio usato negli USA potrà essere americano, ma non significa che sarà meno caro.

 

Espansione e Recessione

Non ci sono sostituti per il petrolio, ed è anche la ragione per cui questo mercato è incline a grandi espansioni e profonde recessioni, tirandosi dietro l’intera economia globale.

Mentre possiamo generare energia elettrica dal carbone o dal gas naturale, o nucleare o rinnovabile, selezionando di volta in volta a seconda del prezzo, il petrolio invece rimane di gran lunga il combustibile predominante per i trasporti.

Quando l’economia globale si surriscalda la domanda di petrolio aumenta, spingendo su il prezzo ed incoraggiando i produttori a produrne di più. Inevitabilmente quei prezzi elevati si mangiano parte della crescita economica, riducendo la domanda, proprio nel momento in cui i produttori stanno sovra-producendo. I prezzi crollano, ed il ciclo riparte dall’inizio.

Questo è negativo per i produttori, che possono ritrovarsi con un eccesso di produzione non richiesta quando i prezzi crollano, ed è negativo per i consumatori e per l’industria che rimangono nell’incertezza dei prezzi futuri dell’energia.

I prezzi bassi del petrolio nel 1990 spinsero l’industria automobilistica americana ad un disastroso compiacimento; essi si ritrovarono così con pochi modelli efficienti quando il petrolio ritornò ad essere caro.

Il vantaggio dell’OPEC, e specialmente dell’Arabia Saudita, con i suoi giacimenti vasti e facilmente accessibili, è che i suoi produttori potevano lavorare assieme per controllare i prezzi, aumentando la produzione quando la richiesta saliva, e rallentando quando i prezzi stavano per cadere. Non è esattamente la mano invisibile che controlla, ma c’era più prevedibilità, che aiuta i consumatori i produttori ed i governi a pianificare con fiducia.

Quei tempi sono andati. Oggi i maggiori produttori pompano al massimo. I russi ed i sauditi per esempio hanno bisogno di petrolio caro per alimentare la loro traballante economia e tranquillizzare le loro popolazioni.

Per il futuro sono prevedibili ulteriori espansioni e recessioni, specialmente se l’economia globale rallenta ancora. “ Se l’OPEC non riuscirà più a giocare un ruolo di stabilizzatore dei prezzi, allora non possiamo eliminare la volatilità naturale di questo mercato”, dice Robert McNally, fondatore del Rapidian Group, ed ex Consigliere per l’Energia della Casa Bianca. “Questo significa che potremo vedere i prezzi oscillare fra 200$ e 30$.

Abbiamo già visto qualcosa del genere. Quando l’economia crollò, lo stesso fece il petrolio, cadendo da 145$ al barile a metà 2008 fino a 30 $ al barile alla fine dello stesso anno. Ora i prezzi sono nuovamente schizzati in alto, abbastanza da far si che gli economisti avvertano che il costo del petrolio può mettere a rischio la ripresa dell’economia, il che manderebbe di nuovo i prezzi in una spirale negativa.

 

                          

                              

 

Grafico che illustra l'andamento

ed i picchi del prezzo del petrolio

                        

                                              

 

     Incidenza del prezzo del petrolio

       sul potere d'acquisto negli USA

 

 

Il vero prezzo del petrolio

Poi c’è il costo ambientale. Il petrolio non è mai stato pulito, ma le nuove sorgenti che emergono tendono ad essere più inquinanti e più pericolose rispetto al crudo convenzionale.

Produrre petrolio dalle sabbie dell’Alberta del Nord può essere distruttivo per l’ambiente locale, richiedendo enormi vasche estrattive a cielo aperto che distruggono foreste e richiederanno anni per essere ricostruite.

I residui di queste estrazioni sono tossiche.

Alcune delle nuove produzioni evitano il metodo delle vasche a cielo aperto, e processano invece le sabbie bituminose nel sottosuolo, che è molto più pulito, ma richiedono ancora più energia per la trasformazione. Il risultato è che un barile di petrolio da Sabbie Bituminose, considerando tutti i processi, dal pozzo all’automobile, ha tipicamente una impronta di carbonio da 10% a 15% maggiore rispetto al crudo convenzionale. Data la dimensione enorme delle riserve di Sabbie Bituminose –circa 200 miliardi di barili estraibili- è una quantità enorme di carbonio aggiuntivo che viene immesso nell’atmosfera. Non sorprende perciò che gli Ambientalisti si siano sonoramente opposti alla costruzione dell’oleodotto di Keystone, che manderebbe 800.000 barili al giorno di petrolio da Sabbie Bituminose negli Stati Uniti.

“Da si produrrebbe abbastanza Carbonio da creare un pianeta totalmente diverso”, dice James Hansen, un climatologo della NASA ed attivista ambientalista.

 

Il Petrolio Intrappolato non è altrettanto inquinante come quello da Sabbie Bituminose, ma però fa uso della tecnicha del “Fracking” [la Fratturazione Idraulica], che è presto diventata la tecnica più controversa dell’industria estrattiva.

 

I liquidi per la fratturazione contengono piccole quantità di sostanze tossiche, e in Pennsylvania –dove il Fracking è stato usato per l’estrazione del gas da scisto- ci sono state denunce di casi di contaminazione di acque di superfice.

Il Governo degli Stati Uniti sta studiando una regolamentazione più severa su queste pratiche. “Le leggi federali possono essere aggirate, e le leggi dei singoli stati sono troppo deboli” dice Amy Mall, un esperto analista politico per la Netural Resources Defense Council. “Ci sono rischi per le acque superficiali, e ci sono rischi per l’atmosfera”.

Fin’ora, in Nord Dakota e Texas ci sono state poche denunce di inquinamento delle acque a causa di pozzi per l’estrazione di Petrolio Intrappolato, però occorre ricordare che questi stati hanno sempre avuto una propensione a difendere l’industria petrolifera.

Se la produzione di Ptrolio Intrappolato si diffonderà negli stati più popolati, come Ohio e California, che hanno entrambi giacimenti di questo tipo, potremmo vedere quegli stati stretti fra le stesse controversie che sono arrivate in Pennsylvania e New York con l’estrazione del Gas da Scisto.

Lo spopolato Nord Dakota fatica a gestire l’arrivo improvviso di lavoratori ed attrezzature, e con essi anche l’inquinamento atmosferico che consegue all’estrazione del Petrolio Intrappolato. La stessa industria petrolifera si rende conto della necessità di rassicurare l’opinione pubblica. “Non possiamo ignorare che parte dell’opinione pubblica non si fida della nostra industria, e delle nostre capacità di operare in sicurezza” ha detto Helge Lund CEO della Statoil ad una recente Conferenza sull’Energia. “Questa è una questione fondamentale che coinvolge tutti noi”.

 

La perforazione al largo del Brasile, nei giacimenti pre-salini, ed anche quelli nelle acque dell’Artico, che sono resi possibili dal cambiamento climatico, sono meno inquinanti, ma come si è visto con il caso dei versamenti della Deepwater Horizon, se qualcosa va storto significa la catastrofe.

Se si pensa che sia difficile ripulire il Golfo del Messico dalle conseguenze di quel versamento, allora occorre rapportare quelle difficoltà ad una situazione remota e proibitiva come quella dell’Artico. Ma rispetto al rischio immediato posto dalle estrazioni di petrolio non convenzionale, ancora più grande è il rischio climatico.

Una delle consolazioni attese dall’esaurimento del petrolio era l’assunzione che non essendo più disponibile saremmo stati costretti a sviluppare alternative “carbon-free” [prive di gas serra], come eolico e solare. Il Petrolio Estremo invece verrebbe stimato in riserve per oltre 1 trillione di barili, per continuare a “cucinare” il pianeta nel caso decidessimo di bruciarlo tutto.

 

Deborah Gordon, un’esperta della Fondazione Carnegie per la Pace Internazionale, dice che “il petrolio del 21° secolo non è lo stesso di quello del 20° secolo. Il nuovo petrolio non convenzionale causerà la ri-carbonizzazione delle forniture globali di petrolio”. Così questo è il futuro del petrolio: tanto costoso quanto inquinante. Ma se da un lato non è possibile garantire petrolio a basso costo, dall’altro lato possiamo adattarci quando il combustibile diventa più costoso. Questo richiede un continuo miglioramento dell’efficienza energetica. Gli Stati Uniti hanno fatto dei progressi in quest’area (nuovi veicoli hanno minori consumi ora più che mai), ma sono ancora indietro rispetto al resto del mondo.  

 

La spinta di Obama per aumentare lo standard di efficienza energetica delle auto a 4,3 litri/100km entro il 2025 è essenziale.

Dopo tutto, raddoppiare i chilometri per litro della tua auto è l’equivalente di dimezzare il costo della benzina.  

Rompere il monopolio del crudo per ragioni ambientali o economiche sarà possibile solo sviluppando altri tipi di energia alternativa. La diversificazione delle forniture energetiche è altrettanto saggio che diversificare le proprie aree di attività. “In America abbiamo bisogno di sviluppare ogni sorgente di energia, non solo gas e petrolio, ma anche eolico, solare, nucleare e biomasse”, ha detto Obama in un discorso recente. “Quella è l’unica soluzione a questa sfida”.

 

Dal Brasile a Bismarck, l’inventiva umana (e decine di miliardi di dollari d’investimento), ha esteso l’era del petrolio, assieme alla nostra preoccupazione sulle sue conseguenze. Non c’è nessuna ragione che la stessa formula possa alla fine portarla ad una conclusione – alle nostre condizioni.



 

Risparmiare combustibili

cosa si può fare per ridurre la sofferenza alla pompa di benzina

 

Guidare a 100 km/h

La velocità ottimale per l’efficienza combustibile è intorno ai 100 km/h. A velocità maggiori il consumo tende ad aumentare velocemente.

 

Gonfiare i pneumatici

Aumenta i chilometri al litro del 3,3 % mantenendo le gomme ben gonfie. L’efficienza cala dello 1 % per ogni 0.23 bar di pressione.

 

Controlla il peso

Non trattate l’auto come un armadio mobile. Ogni 45k di extra peso riduce il chilometraggio fino al 2%

 

 

 

 

Come si deduce dal titolo "Hunt Oil Deve Rinunciare alla Ricerca Idrocarburi Fiume Panaro", ma l'opposizione dei cittadini sarà ferma e determinata anche per il progetto Fiume Reno, tanto che Hunt Oil dovrà rinunciare anche a quello.

 

DOCUMENTARIO CON INTERVISTE A MOLTI SINDACI DEL NOSTRO APPENNINO   

 4 ott 2011    

 

Per vedere il video serve un pò di pazienza, ed è consigliabile guardarlo direttamente da Youtube. Per farlo occorre cliccare sulla scritta "YouTube" che si trova in basso a destra della videata prima di far partire il video stesso.

 

http://www.youtube.com/watch?v=y1BWvTnOoBs

 

Questo è un documentario realizzato e prodotto dai cittadini dell'Appennino bolognese e modenese che si sono mobilitati contro la "svendita" del loro territorio da parte delle istituzioni e delle forze politiche nazionali e regionali.Come si deduce dal titolo "Hunt Oil Deve Rinunciare alla Ricerca Idrocarburi Fiume Panaro", ma l'opposizione dei cittadini sarà ferma e determinata anche per il progetto Fiume Reno, tanto che Hunt Oil dovrà rinunciare anche a quello.Il video documenta con interviste dirette la sensibilizzazione degli amministratori dei piccoli comuni dell'Appennino attraverso il lavoro dei comitati spontanei.
Alla fine viene documentato come anche i politici regionali, dopo avere invano tentato di ottenere l'approvazione per il "silenzo assenso", come è avvenuto per il Fiume Secchia, sono stati costretti a prendere atto della contrarietà dei territori.A questo video hanno contribuito tutti i 19 Comuni coinvolti nel progetto di ricerca "Fiume Panaro". La decisione di realizzare e pubblicare il documentario è stata presa dai seguenti Comitati ed associazioni:-Gruppo "Progetto Ambiente" dei cittadini di Marzabotto e Sasso Marconi


-LEGAMBIENTE, Circolo Setta Samoggia Reno
-Comitato Bazzanese Ambiente e Salute
-Comitato CAST Loiano Monghidoro
-Lista civica "Un'idea in Comune" Pianoro
-Consulta Tutela Ambiente Modena
-Comitato Tutela Territorio di Savignano
-WWF Modena
-LEGAMBIENTE, Circolo Modena
-Italia Nostra, sezione dei Castelli - Modena

 

 

 

Brasimone - CENNI STORICI           

I primi insediamenti del CNEN (Comitato Nazionale per l'Energia Nucleare) nell'area del Brasimone (Camugnano) risalgono agli anni '60, quando venne acquisita una prima parte dei terreni per insediarvi un reattore sperimentale denominato PRO (Progetto Reattore Organico), progetto in seguito abbandonato.

All'inizio degli anni '70 fu lanciato, insieme alla Francia, il Programma Reattori Veloci: il Brasimone venne scelto quale sito in cui realizzare un reattore sperimentale per condurre prove sugli elementi di combustibile (PEC). Dal '72 furono realizzate grandi opere infrastrutturali e costruiti gli edifici per i servizi di supporto, oltre a quattro grandi hall tecnologiche che contenevano impianti sperimentali per prove su componenti e materiali del PEC; questi impianti erano dotati di laboratori specialistici di appoggio (chimici, meccanici, elettrostrumentali, ecc.). Nel 1985 il Centro impegnava circa 240 dipendenti dell'ENEA (che aveva sostituito il CNEN nel 1982), mentre nelle attività di costruzione erano impegnate più di mille persone di ditte esterne. Sempre in quegli anni vennero acquisiti ulteriori terreni e la superficie del Centro si estese fino agli attuali 412 ettari.

In seguito all'incidente di Chernobyl (1986) e al referendum sul nucleare (1987), iniziò un processo di riconversione e rifinalizzazione sia delle risorse disponibili che delle competenze professionali. Nel 1990 le attività del Centro sono state orientate prevalentemente verso la fusione termonucleare controllata; ciò ha permesso di realizzare ulteriori investimenti che hanno profondamente modificato il tessuto del Centro e le sue capacità operative. Il Centro è stato dotato di ulteriori infrastrutture e impianti che oggi costituiscono un patrimonio proprio dell'Ente. Accanto alla realizzazione di impianti dedicati alle sperimentazioni di prototipi di componenti di reattori a fusione (ITER e DEMO), sono stati realizzati laboratori ed impianti per ricerche tecnologiche di carattere più trasversale.

Più recentemente sono state avviate attività nel settore della tutela del patrimonio naturale e del monitoraggio ambientale.

 

 

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Edificio reattore PEC

La foto mostra la cupola dell'edificio, che inizialmente doveva ospitare il reattore PEC, nel quale sono allocati alcuni impianti per ricerche sullo sviluppo di tecnologie e materiali operanti con metalli liquidi pesanti (piombo e piombo bismuto) nell'ambito del progetto ADS (impianti Circe, Cheope). In primo piano è visibile l'edificio controlli e servizi.

 

 Edificio CEDIL'edificio ospita gli impianti CEF1-2 e THESIS ad acqua e varie esperienze di termofluidodinamica.
 

 Edificio EspressoSono presenti gli impianti HEFus3 per esperienze di termofluidodinamica e la sala controllo. L'edificio più piccolo ospita uffici, laboratori, officine tecniche

Edificio CPC1

Ospita gli impianti PERI, VIVALDI, LEDI del laboratorio Idrogeno per attività di caratterizzazione dei materiali e i laboratori Metalli liquidi e Metallografia

 

 AerogeneratoreLo strumento ad asse verticale da 6 kW, realizzato dalla ROPATEC SpA, è in fase di prova presso il Centro Ricerche del Brasimone. Dopo la sperimentazione verrà utilizzato in Antartide per la fornitura di energia elettrica alla base

 

   
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