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10 Luglio 1944
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Don Giovanni Fornasini a Sammomé
Vittorina Amici mi raccontò che don Fornasini era corso a Sammommé per aiutare i suoi fratelli. Dalla famiglia Fornasini mi è stato molto gentilmente segnalato l'articolo che riporto nel pdf al link qui sotto:
Un pollo e due bottiglie per liberare gli ostaggi
di Don Dario Zanini
Pubblicato da "E.... Viandare" Lizzano in Belvedere, anno 11 - Aprile 2004
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Chi è il FAI
Promuovere in concreto una cultura di rispetto della natura, dell'arte, della storia e delle tradizioni d’Italia e tutelare un patrimonio che è parte fondamentale delle nostre radici e della nostra identità. E' questa la missione del FAI - Fondo Ambiente Italiano, Fondazione nazionale senza scopo di lucro che dal 1975 ha salvato, restaurato e aperto al pubblico importanti testimonianze del patrimonio artistico e naturalistico italiano.
Il nostro scopo è raccogliere conservare e divulgare la storia, la cultura, l'arte, l'architettura e la natura dell'Appennino Bolognese , in particolare le zone della Media e alta Valle del Reno che come in tutte le parti d'Italia, ha origini antiche.
Il nostro punto di partenza comprende:
- Sasso Marconi con il Museo Marconi, la Rupe, le tombe etrusche
- Marzabotto con la città etrusca, il parco storico di Monte sole
- Estendiamo le ricerche in tutte le direzioni dell'Apennino Bolognese
Accogliamo e divulghiamo volentieri attraverso il nostro sito e attraverso la rivista semestrale "Al Sas" contributi che ci giungono da chi ha materiale che vuole fare conoscere, come storie piu o meno recenti e ricerche di questi luoghi
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Scheda Antigone (sintesi grezza di s.muratori)
Nella narrazione di Sofocle (442 ac) Antigone era figlia di Edipo. Ma chi era Edipo ?
Edipo era figlio di Laio e Giocasta. Laio però, prima della sua nascita, aveva consultato l’oracolo di Delfi, ed aveva saputo che il nascituro figlio avrebbe portato solo disgrazia. Così alla nascita lo fece abbandonare da un suo servo. Lo ritrovò un pastore che lo portò a Peribea, moglie del re corinto Polibo. Edipo fu cresciuto come un figlio, ma quando fu grande apprese di non essere figlio di Polibo, ed abbandonò la casa.
Sulla strada per Delfi si scontrò con Laio e lo uccise. Edipo non sapeva che Laio, re di Tebe, era il suo vero padre.
Poiché in quello stesso periodo alla porta di Tebe si era insediata la Sfinge, che era una specie di mostro che uccideva i passanti se non avessero risolto un indovinello, Creonte, che era salito sul trono che fu di Edipo, promise il regno e la mano della sorella Giocasta, a colui che avesse sciolto l’indovinello.
Riuscì nell’impresa Edipo, il quale alla fine divene re, e sposo di sua madre, senza che i due ne fossero consapevoli.
Edipo e Giocasta ebbero 4 figli: Eteocle, Polinice, Antigone, e Ismene.
Quando Edipo scoprì di avere ucciso il padre e sposato la madre si accecò, ed abbandonò il trono.
Eteocle divenne re di Tebe, e il fratello di Giocasta, Creonte, ne fu il tutore.
Intanto Polinice scatenò una guerra per il trono. In un duello fra Polinice ed Eteocle entrambi perirono, e Creonte restò re.
Creonte ordinò di dare degna sepoltura solo a Eteocle, e che le spoglie di Polinice fossero lasciate in pasto agli uccelli ed ai cani. Antigone però lo volle seppellire lo stesso. Il re rispose a questa sfida imprigionando Antigone in una grotta.
Molti supplicarono Creonte di liberare Antigone, fra questi Tiresia, indovino cieco.
Quando Creonte decise alla fine di liberare Antigone fu troppo tardi, perché essa si era impiccata nella sua prigione.
Anche il figlio di Creonte Emone, promesso sposo di Antigone, saputa la brutta notizia si uccise, e lo stesso fece la moglie di Creonte Euridice quando apprese che il figlio Emone era morto.
Mappa di quel periodo tratta dal sito http://it.wikipedia.org/wiki/Tebe_%28Grecia%29 |
Commento (da Wikipedia - http://it.wikipedia.org/wiki/Antigone_%28Sofocle%29 )La legittimità della leggeSofocle illustra in questo dramma l'eterno conflitto tra autorità e potere: in termini contemporanei, è il problema della legittimità del diritto positivo. Il contrasto tra Antigone e Creonte si riferisce infatti (almeno in parte) alla disputa tra leggi divine e leggi umane. Le prime, i cosiddetti ἄγραπτα νόμιμα (àgrapta nòmima: corpus di leggi consuetudinario, ritenuto di origine divina, prerogativa del γένος) sono infatti difesi da Antigone, mentre Creonte si affida al νόμος (nòmos, corpus delle leggi della πόλις). Il punto di forza del ragionamento di Antigone si fonda appunto sul sostenere che un decreto umano (appunto, il νόμος) non può non rispettare una legge divina (gli ἄγραπτα νόμιμα). Al contrario, il divieto di Creonte è l'espressione di una volontà tirannica, basata sul principio del νόμος δεσπότης, ovvero della legge sovrana; egli infatti osa porre tali leggi al di sopra dell'umano e del divino. L’autorità di CreonteCreonte appare dunque come un despota chiuso nelle sue idee, geloso della propria immagine e timoroso di apparire debole di fronte a una donna. Ogni tipo di disobbedienza individuale alle sue idee gli appare come un’opposizione politica. Tale personaggio, a un ateniese del V secolo a.C., doveva apparire come la tipica figura del sovrano dispotico e non illuminato, incapace di prevedere le conseguenze delle proprie azioni e, soprattutto, della sua collera. Egli ragiona forse in maniera corretta quando afferma di dover anteporre la legge agli affetti familiari (Antigone e Polinice erano entrambi suoi nipoti), ma, da lì, arriva a pretendere di contravvenire anche a leggi non scritte, sentite come divine. Soltanto alla fine Creonte riconosce i suoi errori, tale ammissione però non corrisponde a una maturazione od evoluzione del personaggio, bensì solo a un riconoscimento della catastrofe cui è stato portato dal proprio comportamento. La ribellione di AntigoneIn una società come quella dell'antica Grecia dove la politica (gli affari che concernono la città) sono esclusiva degli uomini, il ruolo di dissidente della giovane donna Antigone si carica di molteplici significati, ed è rimasto anche dopo millenni un esempio sorprendente di complessità e ricchezza drammaturgica. La ribellione di Antigone non riguarda infatti soltanto la sottomissione al nomos del re, ma anche il rispetto delle convenzioni sociali che vedevano la donna come sempre sottomessa e rispettosa della volontà dell’uomo (in tutta la Grecia ma ancor più ad Atene). Creonte trova intollerabile l’opposizione di Antigone non solo perché si contravviene a un suo ordine, ma anche perché a farlo è una donna. In questo senso, le azioni di Antigone potrebbero anche essere considerate un atto di hýbris, di tracotanza. Nel suo ribellarsi però la donna risulta essere una figura meno dirompente di altre eroine come Clitennestra o Medea, poiché la sua azione non è rivolta a scardinare le leggi su cui si fonda la polis, ma solo a tutelare i suoi affetti familiari. I contrastiOltre al già notato contrasto tra Antigone e Creonte, nell'opera vi sono ulteriori contrasti assai significativi, ad esempio quello tra Creonte ed Emone: Creonte infatti incarna la figura del anèr (il vero maschio, il vir dei Romani), mentre Emone rappresenta il ragazzo, innamorato della sua donna, che non teme di perdere la virilità mostrando i suoi sentimenti. È inoltre riscontrabile un ulteriore contrasto tra Antigone e Ismene (sorella della protagonista): ciò è atto a evidenziare la figura eroica di Antigone, contrapponendola a quella tradizionale di Ismene, che, al contrario, rappresenta il modello femminile del suo tempo di donna debole, sottomessa all'uomo e obbediente al potere. Si può peraltro intendere Ismene anche come il contraltare debole di Antigone, ossia come colei che esprime i dubbi che sono in effetti anche di Antigone stessa, che però si risolve ad agire. |
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