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MONTE SEVERO (a).

Da Serafino Calindri - Dizionari Corografico, Georgico, Orittologico, Storico dell’Italia – Volume IV – scritto nel 1782

 

Col Montieri, e con I' Autore del Diario Bolognese, poniamo sotto questo nome la parrocchia e Comune, che nel catalogo delle Comunità del Saffi si pone con quello di Monsvir alla pag. 20; é quest'ultima nomenclatura propria de' volgari montani, da qua­li realmente chiamato viene Monsvir o Monsvier, in modo che taluni richiesti dove sia Monte Se­vero non sanno additarlo, essendo per essi sotto questo nome un luogo ignoto. Comprende que­llo Comune sotto di se Ronca parrocchia che descriveremo a suo luogo, e la quale non sappiamo il motivo per cui nel Catalogo delle Comunità sud­dette alla citata pagina si ponga come principa­le Comune Ronca, e Monsvir. Sono i confinanti a questa Parrocchia Monte Pastore, Vignola de' Conti, Montasico , Luminasio , Medelana e Ronca . Gli alti e scomodi Monti che ne formano il suo territorio rendono questa parrocchia una delle più scomode del territorio montano bolognese al rispettivo parroco, alla di cui cura affidate sono le anime della stessa ascendenti a 171 divise in 30 famiglie, abitanti in case sparse alla campagna. S. Cristoforo è il titolare di quella Chiesa, che ha il Fonte Battesimale, e la di cui collazione appartiene liberamente alla Mensa Arcivescovile di Bologna , ed il di cui riattamento, e maestoso campanile, da pochi anni elevato, fanno l'elogio al zelo del vivente Parroco Don Gio. Battista Dalbello, che fece l'uno e l'altro a proprie spese, quasi interamente, appena entra­to coadiutore, abbenché gravato di grossa pen­sione. Tutte rendite parrocchiali. Un solo Orato­rio vi è dedicato a S. Giacomo, il quale rimane sulla strada, che per chi esce da Saragozza, traversa il Monte di Vignola per andare in vari luo­ghi del Bolognese montano, e del Modenese, ap­partiene ora a' Padri Carmelitani delle Grazie, e fù ne' Secoli antichi un'Ospedale per alloggio di Pellegrini sotto nome di Hojpitalis S. Jacbobi de Naso, soggetto, come lo è tuttavia, al pleba­nato di Panico, e la di cui prima erezione và a nascondersi tra il nono ed il decimo Secolo, in­dizio dell'antichissimo corso della accennata stra­da per questa parte, che, riattata, sarebbe comodissima, e di uno spedito commercio, e manote­nibile assai più, che altre meno comode, e più dispendiose e lunghe. L' aria di quello territorio è la più parte sottilissima. Poca e cattiva Uva, pochissime Frutta, molta Ghianda, moltissime Ca­stagne , moltissima Legna da fuoco, poco Fieno, molto Pascolo da vasta estensione di terre a so­do, pochissima Seta, sei in sette misure dal po­co Grano che vi si semina, quattro in cinque da Marzatelli, sono i prodotti di questo territorio, nel quale molti de' suoi abitanti esercitansi in fa­re il Carbone ed in fare i Vetturali, e due fa­miglie una nell'arte del Fabbro, l'altra in quel­la del Molinaro. Scoglio cretoso parte tenero e friabile in minuti pezzetti e lamelle, che affetta­no ordinariamente la figura cubico romboidale, e parte minuzzato in sottile pasta terrosa, sabbia giallastra ora ammassata in ampie masse, ed in­durita a consistenza di scoglio, o ancora di to­faceo sasso, ora disciolta, e la mescolanza dell'una e dell'altra delle suddette qualità ridotte in terra formano il terreno più e meno fertile, più e meno sterile de' monti, de' colli, delle valli, e delle pendici di questa Parrocchia . Gl'ottimi e saporiti pascoli che quivi fanno, son ca­gione, che molti della Pianura diano a società a pascolare le loro pecore in essi dal Maggio al Settembre, risultandone preziosi formaggi, lo che è comune a vicini territori di Monte Pastore, di Vigno1a de' Conti, e di Gavignano, e di qualche porzione di quello di Vedegheto. In vicinanza del Lavino spunta fuori uno scoglio arenario di pie­tra da ruota dal quale esce un forte odore di Olio di Saffo e nello stesso, e ad esso vicino, tro­vano quantità di gusci di Telline, e di Cappe sante, e vari nuclei della stessa sorte di Testacei.

Il Monte, o Colle, sopra del quale é edi­ficata la Parrocchial Chiesa di S. Cristoforo, chiamasi il Monte di Versellana. Antichissima è que­sta Chiesa Parrocchiale, e secondo l’Elenco No­nantolano chiamavasi nel 1366 Eccelsia S. Cristofori de Monsiverio, ed è stata sempre soggetta alla Congregazione della Pieve di Panico. Fù Castello, e nel 1175 fù preso, arso da Bolognesi, ed i suoi abitanti o uccisi o condotti via pri­gionieri (37) - Se più risorgesse dopo questo suo eccidio non lo dicon le Storie, che dal detto di sopra in fuori, più non parlano di esso, può per altro sospettarsi, che in qualche modo si mantenesse, se non fortificato, almeno popolato e forse ancora dominato da particolari Signori i quali mescolatisi tra' Fazzionari Lambertacci fu­ron banditi in parte, in parte rimasero, ed al­cuni furono richiamati nel 1296 in grazia del Conte Ugolino da Panico, che forse seco loro con­trasse o parentela, o obbligazioni, od amicizia (38). Vi fù un Parisio da Monsevero, che unito ad altri capi della Montagna assaliron nel Comu­ne di Pradúro (ora Sasso) alcuni Mercanti, pel qual fatto furon prese poi dal Consiglio opportune risoluzioni nel 1313 (39), anno in cui succedette l'accennato fatto, ma non risulta da questo documento, che esso Parisio fosse uno del­la Nobil famiglia de' Monseveri. Ci lascian la Storia, e gl'Archivi, da' quali finora non abbiam potuto ricavare altre notizie, onde passiamo all'altro seguente Articolo.

(a) Nel Catalogo delle Chiese si assegna fuori di Saragoz­za miglia 9, sproposito madornale in quanto alla distanza essendo circa quattordici miglia, in quanto alla Porta può per questa andarvisi, ma rimane più comodo andarvi per quella di S. Isaia, fuori della quale la pone il catalogo delle Comunità. Rimane sopra una vetta di colle alla destra del Lavino occupato da piú alti monti quasi d'ogn intorno, e­cettuatone dalla parte del detto fiume, dal di cui alveo rima­ne poco lontano.

(37) Cron. Misc. Rer. Ital. Scrip Tom XVIII. col. 244.

La vicinanza delle rovine della Castellina, di cui abbiam parlato all'Articolo Monte Pastore dà forte motivo di credere, che potesse ivi essere ne' Secoli scorsi Monte Severo, e se ivi sussistesse, a ragione l'autore della Cronaca Miscella registrò la sua presa come cosa degna di memoria.

(38) Dal libro de' Banditi risulta, che nel 1274 Ri­dolfo da Monte Severo, Guidone, Geraldino, e Giacomo Fratelli e tutti li loro nepoti e figli, eccetto Brancaleone d' Inasiato furon dalla Città e territorio banditi. Dal frammento degl'estimi del 1293 rilevasi che vivean tuttavia quei da Monte Severo, ed eran Magnati di Città e di Con­trado; e dal Ghirardacci si sà, che nel 1296, Ugolino de' Conti da Panico ebbe in grazia li figliuol e discendenti di Ugolino Caravita da Reffeno, e li figliuoli, e discendenti di Buonsevero, ed altri della Casa de' Monseveri, ed Alber­to del Co. Alessandro, che furono accettati Geremei, ed arsi furono tutti i loro processi. Ghir. par. I- pag. 325.

 

(39) Lib. Reg. nov. pag. 204 v.

 

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Il Massacro – L. Baldissara e P. Pezzino – ed il Mulino (2009)

 

Pag - 568

Sulla morte di don Fornasini si veda Gherardi, Le querce di Monte Sole, cit., pp. 257 ss., che storpia il nome dell'ufficiale tedesco in Schmidthuns. Noi oggi sappiamo che Schmidtkunz era già morto quando il sacerdote partì per la sua ultima missione sull'altopiano, a seppellire i morti.

 

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Silenzio su Monte Sole – Jack Olsen – Garzanti 1970

Pag 299

A Corina il prete sembrava molto cambiato. Non parlava quasi più, si rifiutava di raccontare quello che era riuscito a ottenere a Bo­logna e in genere si comportava come se fosse in permanente stato di shock. Praticamente i tedeschi lo tenevano agli arresti in casa e le poche volte che lui gli chiedeva il permesso di allontanarsi per doveri religiosi dalla canonica, si vedeva sempre opporre un netto rifiuto.

Ma a parte il fatto di vedere suo cognato così depresso, per il re­sto Corina non aveva gran che da lamentarsi. I tedeschi erano stati di un'estrema correttezza. Alcuni di essi avevano tentato degli ap­procci, che però non erano stati molto diversi da quelli dei giovani contadini, e Corina e le altre donne non avevano avuto difficoltà nel tenerli alla larga. Ogni notte nella scuola della chiesa si sentivano suoni, grida, gozzoviglie e la mattina dopo Corina doveva gettar via trenta o quaranta bottiglie di vino vuote; ma sembrava che le SS si accontentassero di ubriacarsi tra loro.

Nel pomeriggio di giovedì 12 ottobre, a quasi due settimane dall’inizio del rastrellamento, arrivò in canonica una delegazione di SS chiedendo di parlare col prete. Don Giovanni li accompagnò nel suo ufficio e prese il suo vocabolarietto tascabile italo-tedesco. I mi­litari gli dissero che l’indomani era il compleanno del loro capitano e gli chiesero se aveva qualcosa in contrario a che loro lo festeggias­sero un po'. Corina, che era nel corridoio a origliare, si chiese co­me mai i tedeschi domandassero un simile permesso, dato che ogni notte gozzovigliavano senza chiedere l’autorizzazione di nessuno. « Ci piacerebbe invitare qualcuna delle signore, » disse una delle SS.

«Siete liberissimi di farlo, » sentì rispondere don Giovanni con freddezza.

 

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Dal libro "Marzabotto e dintorni" di D. Zanini - pag 556

 

Il card. Nasalli Rocca, arcivescovo di Bologna, quando fu avvisato della morte di d. Fornasini, profondamente rattristato esclamò: «Ecco un prete che non diventerà mai santo, perché non ha ascoltato il suo vescovo! ».

Ma proprio per questo è santo, perché, pur potendo salvaguardare se stesso e perfino esortato a farlo dallo stesso suo vescovo, preferì ritor­nare fra il suo gregge per difenderlo e per condividere la sorte, come fa il buon pastore.

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